Nel mese di Ottobre del l962, per opera di terroristi sovversivi, un furioso incendio, provocato da una bomba ad orologeria e non domato perché anche le condutture dell’acqua erano state tagliate, aveva distrutto il “Pàlacio de los ninos’, a Cuenca (Ecuador). Nello stabile andato in fumo erano collocate una scuola elementare gratuita per 1.500 allievi, un istituto tecnico per 300 studenti distribuiti nei reparti di meccanica, elettrotecnica, galvanotecnica e carpenteria, una pinacoteca ed un museo archeologico di valore incalcolabile, una cappella, un cinema-teatro con una collezione di pellicole e infine un dormitorio per 50 alunni interni dell’istituto tecnico. Quella notizia era stata comunicata da un legnanese, padre Carlo Crespi, da tempo missionario salesiano in quel paese.
(nota originale e completa alla fine dell’articolo)
Salesiano , Padre Carlo (Carlos) Crespi Croci nato in Legnano, Italia il 1891 , ha dedicato la sua vita in Ecuador dal 1923 al 1982.
Educatore , Antropologo , Botanico , Artista , Esploratore , Fotografo , Umanitario e Musicista un’insondabile ricchezza di talenti e di benevolenza riconosciuta dalla popolazione che a sua memoria hanno eretto una statua a Cuenca. Link : https://www.fortunadrago.it/?page_id=2042
Nel 1978, per una serie di furti, si rese necessario cedere quelle raccolte al Banco Central del Ecuador, che si rese disponibile ad acquistarle, inventariarle, riorganizzarle con le migliori garanzie, e padre Crespi fu d’accordo.
Una Commissione di specialisti in arte e archeologia antica e moderna passo al vaglio a uno a uno i reperti e catalogò i pezzi autentici, si ebbero i seguenti risultati:
– Collezione archeologica: composta da 5.000 oggetti di alto valore storico-artistico.
– Collezione pittorica: composta da 1.187 opere catalogate, suddivise in tele, legni, vetri, rame, marmi, pietre e cromature.
– Collezione scultorica : composta da 132 oggetti di valore e vari frammenti.
– Collezione etnografica: costituita da un insieme di ceramiche coloniali: 50 giare e 216 pezzi tra anfore, vasi ornamentali, ampolle, ecc.
La somma raccolta ($ 10.000) venne investita nella “Scuola Carlo Crespi”, rinata dalle rovine della antica fondazione Merchàn.
Dovunque nel mondo ci sono testimonianze di un’antica civiltà che costruiva le proprie città plasmando la materia (di qualunque tipo) a proprio piacimento edificando le sue opere in mura poligonali (di 3a e 4a maniera)
Mura poligonali nel mondo
Mura poligonali in Giappone
(fare riferimento all’articolo : “I Maestri della Materia“) composte da blocchi unici di pietra anche di grandi dimensioni tagliati in modo perfetto (anche se di durissima Diorite scala di durezza Mohs = 7 su 10) , aderenti perfettamente gli uni agli altri , posti in opera apparentemente senza alcuna difficoltà (fare riferimento all’articolo : “Levitated Mass“) tale da non richiedere l’uso di malte ne cementanti ed ispirandosi alla creazione e in special modo agli animali viventi sul pianeta Terra.
Queste città potevano essere circondate da cinte di mura esterne di difesa , ma l’acropoli al suo centro era ispirata alla forma di un animale.
L’autore ritiene che non sia un caso che fossero edificate proprio in quei luoghi piuttosto che in altri , infatti spesso siamo in presenza di un esteso zoccolo di roccia dove nella sua parte più pronunciata (la punta e quindi funzione di Menhir per il potere delle punte) viene edificato un tempio pagano , poi saranno i greci , romani ed infine i cristiani moderni ad abbattere le rimanenti rovine per edificare un’ulteriore luogo religioso.
In questo tempio pagano con buona probabilità doveva essere presente (e puntualmente rimossa dai successori descritti prima per ricavarne uniche fontane pubbliche) una vasca di grandi dimensioni la cui caratteristica è di essere stata cavata da un’unico blocco monolitico di pietra (un lavoro difficile da eseguire anche ai tempi nostri) un esempio è la fontana dei Dioscuri a Roma.
Fontana dei Dioscuri – Roma
Nel caso del Perù abbiamo la città di Cuzco (il puma)
Cuzco – Puma
Dove la testa è formata dal sito archeologico di Sacsayhuamán con le sue mura poligonali colossali su più livelli.
Cuzco il Puma
Queste città animalesche sono presenti anche in Italia e si ispirano ad un altro tipo di animale :
Capodoglio (Physeter macrocephalus)
Il caso più significativo e meglio conservato dal tempo è la città di Alatri (FR) – Lazio
Acropoli di Alatri
Le principali caratteristiche solo :
L’entrata principale è posta nella prossimità della bocca
In prossimità del capo , all’altezza dello sfiatatoio , viene edificato l’originario tempio pagano.
Il segno di Orione sulla cerchia esterna delle mura di Alatri (Porta Bellona)
Orione – Alatri (FR) – Porta Bellona
Seguono dei video sulla città di Alatri
Un video sulla teoria dell’aquila di Alatri
A seguire è il sito archeologico di Paestum (SA) – Campania
Area di Paestum
La vasca cavata da un’unico blocco monolitico in granito egizio è stata trasportata originariamente dal sito di Paestum al centro del quadriportico normanno della cattedrale di San Matteo a Salerno , poi per volere di Ferdinando IV di Borbone nel 1820, fu portata a Napoli nella villa comunale dov’è tuttora soprannominata popolarmente “la fontana delle Paparelle“.
Fontana delle paparelle a Napoli
Abbiamo in oltre il sito di San Severa (Roma) – Lazio
San Severa – Roma
In verde sono i tratti del perimetro di mura poligonali ancora esistenti o parzialmente esistenti , in rosso i tratti completamente mancanti.
Com’è possibile , tagliare enormi blocchi di pietra e trasportarli anche per grandi distanze , dopodiché metterli in opera con precisione millimetrica ? (fare anche riferimento all’articolo “Levitated Mass”)
Oppure realizzare simili installazioni , integrate nella roccia :
Machupicchu
Tambomachay
Ma gli antichi maestri della materia , non si sono limitati a fabbricare opere che fanno impazzire gli odierni ingegneri, essi erano anche in grado di creare vasi d’una fattura squisita , da un singolo blocco di pietra come il basalto o il granito. (nulla a che vedere con le attuali grossolane riproduzioni)
Coppa in Gneiss
Nel caso della Coppa in Gneiss (Granito) , attualmente nessuno al mondo è in grado di fabbricare una coppa simile , realizzata da un unico blocco di pietra , di una fattura finissima , la materia è stata ripiegata su se stessa in modo da formare gli orli per bere.
Ed esistono anche altri casi quali :
Vasi ritrovati a Saqqara
Sono tutti vasi ricavati da unici blocchi di pietra , pezzi irripetibili!
Il segreto è nella natura della materia stessa , che come avevano capito gli antichi , gravità e materia sono simili , cioè fatti della stessa essenza.
Non a caso esiste questa raffigurazione dell’inca che usa il sole
Inca che usa il sole
Solo modellando la materia è possibile ottenere risultati simili :
Killarumiyoc – l’orologio lunare
Tutti questi lavori sono stati possibili grazie alla conoscenza della reale natura della materia , solo così è possibile modellarla e non scolpirla , o dissolverla senza tagliarla (Fare riferimento all’articolo : “Energia Liquida”).
Nel 1883, William Matthew Flinders Petrie (1835-1942) presentò all’Istituto Antropologico di Londra, uno studio sui fori effettuato su blocchi di roccia molto dura come il granito e il diorite.
Tra i vari dati tecnici riportati da Petrie, si poteva osservare quello di un foro realizzato su un blocco di granito dal diametro di 5,6 cm. E all’interno un solco a spirale con cinque giri con una differenza tra di loro di 2,3 millimetri, il che significa quasi un metro di profondità con un solo giro di perforazione.
Anche nel caso dei blocchi della Grande Piramide, le cifre erano sconcertanti in quanto si vedeva che in ogni giro il trapano entrava nella roccia di granito rosso per 2,5 millimetri; un dato inspiegabile se consideriamo che con la nostra moderna tecnologia i trapani di diamante sintetico perforano 0m05 millimetri alla volta esattamente cinque volte meno di quelli primitivi e rudimentali trapani egizi.
Negli altri fori studiati dal diametro di 11,43 cm. E realizzati su un durissimo blocco di diorite si poteva osservare il solco a spirale che raggiungeva le 17 volte, cioè nientemeno che 6 metri con un solo giro.
Tra la sorpresa e l’incredulità continuarono ad apparire nuovi dati di fori di ogni tipo di diametro, dai 70 cm. Fino a quelli minuscoli da 1 cm. Ma non meno effettivi dei primi al momento della penetrazione nella dura roccia.
I nostri materiali per la foratura più moderni della durezza massima secondo la scala di Mohs, raggiungono il livello 11 su 10, che è quella del diamante, una pietra che gli Egiziani non conoscevano. Questi materiali di livello 11 come il diamante nero, sono molto lontani dall’ottenere i risultati raggiunti dagli antichi strumenti egizi.
Secondo la scala di Mohs, che stabilisce un livello da 1 a 10 per la durezza dei materiali, a Benjamín Baker (Ingegnere specializzato in strumentazione industriale e petrografia), dopo aver applicato una semplice regola di tre, non rimase altro che viste le irrefutabili prove ed evidenze che ancora oggi rimangono tali e quali, assicurare che il materiale impiegato per le trapanature degli antichi Egizi avrebbero dovuto avere perlomeno una durezza di livello 500.
Un autentico controsenso se teniamo presente il livello 11 che è il massimo raggiunto dalla tecnologia del XX secolo a partire dagli elementi sintetici e un livello 101 che è anche il massimo che troviamo in natura.
Tra le conclusioni finali che troviamo nel resoconto Baker risalta quella che segue:
“…L’unica differenza nel funzionamento del trapano antico e quello moderno è una enorme pressione sui trapani che le nostre moderne frese d’acciaio e diamante non possono resistere.
La pressione massima che un moderno trapano può sopportare è di un 50 chili, però gli strumenti egiziani ne sopportavano almeno 2.000…”
Riassumendo gli attrezzi impossibili utilizzati per la perforazione di durezza Mohs = 500 (su una scala da 1 a 10) e sottoposti ad una pressione di 2.000 chili!
Museo Nazionale di Antropologia e Storia di Città del Messico – Vaso Toltec
Al Museo Nazionale di Antropologia e Storia di Città del Messico questo “Vaso Toltec” parzialmente lavorato, mostra come asportassero facilmente e con precisione la materia (in piccole quantità) dall’interno della pietra di cui è formato il vaso di alabastro senza danneggiarlo.
Vaso Toltec
Vaso Toltec
Come i maestri della materia abbiano potuto realizzare i vasi di pietra nell’antico regno d’Egitto è un mistero che risiede nell’essenza stessa della Materia :
Link al video : https://ok.ru/video/223740168830
Galleria di vasellame realizzato da singoli blocchi di pietra, pezzi unici, inesplicabili, impossibili da realizzare anche con le tecniche odierne per forma e geometria (sono state inserite anche la Ciotola d’Agata, La Coppa dei Tolomei, La Coppa di Licurgo, e la Tazza Farenese (poiché considerati pezzi unici ed irripetibili).