Civiltà Antidiluviane

Prima dei Romani, prima dei Greci, prima degli Etruschi…come un implacabile cancellino che pulisce completamente una lavagna così il diluvio di 10.000 anni fa ha cancellato dalla Terra tutte le testimonianze delle cività antidiluviane che esistevano, sono arrivate a noi solo quello che rimane delle loro costruzioni, come le mura poligonali o le loro sculture rupestri.

Costruzioni che hanno come semplice caratteristica da non poter essere riprodotte ai giorni nostri, per via delle enormi dimensioni dei blocchi di pietra, del loro perfetto taglio, delle cave posizionate anche decine di chilometri di distanza dal sito edificato.

Cuzco - Pietra dei dodici angoli

Nel caso delle sculture rupestri, sono stati lavorati intere colline , pareti di decine di metri per dare forme a volti umani o di animali.

L’utilizzo insomma d’una tecnica sconosciuta che permetteva di plasmare la pietra (materia) a proprio piacimento , e trasportare per chilometri imponenti blocchi di pietra , una tecnica andata persa per sempre.

Infatti non basta solo trasportare il blocco di pietra pesante anche migliaia di tonnellate (senza particolari mezzi tecnici) ma occorre anche tagliarlo e posizionarlo in sede con precisione millimetrica tale da escludere l’utilizzo di malte e cementanti!

Libano (Baalbek) - il monolito Hajjar el-Houble di circa 2500 Tonnellate

Questa l’antica tecnica perduta consente ciò perchè è nella natura stessa della materia che va cercato il segreto della gravità e quindi dell’antigravità. Segreto riscoperto da Edward Leedskalnin che da solo in 28 anni di lavoro ha edificato Coral Castle (Homestead – Florida – USA)

Libano (Baalbek) - Templio di Giove-Baal - Si notino i giganteschi monoliti che costituiscono la base del terrazzamento
Libano (Baalbek) - Templio di Giove-Baal - Si notino i giganteschi monoliti

Da visitare anche questi siti sull’archeologia antica  :

http://www.ancient-wisdom.co.uk/megalithicdatabase.htm

http://www.altarcheologie.nl/index.html

http://davidpratt.info/andes2.htm

Tratto dal sito di Yuri Leveratto indirizzo www.yurileveratto.com

Civiltà Antidiluviane

Per l’archeologia ufficiale l’Homo Sapiens, evolutosi in Africa circa 130 millenni fa, si è diffuso in tutta l’Eurasia a partire da 100 millenni or sono. Quindi, circa 40 mila anni fa è giunto in Australia, mentre solo 14 millenni fa arrivò nel Nuovo Mondo, attraversando la prateria detta Beringia (attuale stretto di Bering). Secondo questa teoria, solo 10 mila anni fa l’uomo divenne stanziale sviluppando l’agricoltura e dando inizio alla fondazione dei primi centri abitati (Gerico, 8000 A.C.).
Vi sono però numerose critiche a questa ipotesi, che sostengono non solo l’inesattezza di questi dati, ma addirittura la possibiltà che l’uomo abbia sviluppato delle civiltà organizzate prima del 9500 A.C.
In effetti potenzialmente l’Homo Sapiensavrebbe potuto, nel corso dei 130 millenni da quando è apparso sulla Terra, sviluppare varie civiltà agresti o marittime, magari evolutesi su piani differenti all’attuale, più spirituali e meno legate al materialismo.
Nel corso degli ultimi anni alcuni archeologi hanno trovato in America dei resti umani, che mettono in discussione le teorie ufficiali e portano a riconsiderare l’intero passato dell’uomo, non solo per quanto riguarda le Americhe, ma per l’intero pianeta.
L’archeologa brasiliana Niede Guidon (supportata da vari altri studiosi di fama internazionale), ha trovato resti di Homines Sapientes arcaici nel Piauì (nord-est del Brasile a circa 700 chilometri dalla costa atlantica), che risalgono a 12.000 anni fa. Le datazioni con il metodo del carbonio 14 hanno provato però che alcuni focolari sono stati utilizzati nella zona oggetto di studio già 60 millenni fa. Questa prova mette in discussione la teoria ufficiale del popolamento delle Americhe secondo la quale i primi abitanti del Nuovo Mondo furono gli appartenenti alla cultura Clovis (deserto del Nuovo Messico), circa 13 millenni fa.
Nel Nuovo Mondo sono stati tanti i ritrovamenti che provano una presenza arcaica dell’uomo, per esempio quello di Monte Verde, in Cile, risalente a 33.000 anni fa.
La teoria riconosciuta del popolamento delle Americhe viene così a cadere, e deve essere completata da altre ipotesi, che considerano la colonizzazione del Nuovo Mondo direttamente dall’Africa, ma anche dallaMelanesia e Polinesia.
Tutto ciò pone sotto un’ottica nuova l’intero periodo durante il quale l’Homo Sapiens colonizzò la Terra, da 100 millenni fa fino ad oggi.
Ora, se si considera che durante questo lungo lasso di tempo, la glaciazione di Wisconsin-Wurm (che durò da 110 a 11,5 millenni fa) era al suo massimo, si può affermare che il livello dei mari era più basso di circa 120 metri rispetto all’attuale. Ciò verosimilmente permise all’uomo di spostarsi più facilmente attraverso gli oceani proprio perchè molte terre ora sommerse affioravano sulla superfice dei mari.
E’ possibile che alcuni gruppi di umani, appartenenti ad etnie a tutt’oggi sconosciute, abbiano fondato delle città costiere, che successivamente furono spazzate via da spaventose inondazioni?
In effetti molte culture hanno lasciato opere letterarie nelle quali si narra di un diluvio, o di un periodo di sconvolgimenti climatici di portata eccezionale: Atrahasis (mito sumero), l’epopea di Gilgamesh (leggende babilonesi), la Bibbia (la Storia degli Ebrei), Shujing (classico di Storia cinese), Matsya Purana e Shatapatha Brahmana (testi sacri indiani risalenti al primo millennio prima di Cristo), Timeo e Crizia di Platone (Grecia), il Popul Vuh della civiltà Maya, per citarne solo alcune. Secondo molti ricercatori di frontiera, ma ultimamente anche vari geologi e climatologi, il diluvio universale fu proprio la fine dell’era glaciale, e accadde circa 11,5 millenni or sono.
Alcuni ricercatori del XX secolo hanno ipotizzato che i sopravvissuti di alcune di queste civiltà antidiluviane si siano rifugiati nei luoghi interni dei continenti, in particolare del Sud America, dove avrebbero rifondato alcune città e gettato le basi per nuove colonizzazioni.
Il primo ricercatore che sostenne questa tesi fu il più grande avventuriero del XX secolo, il colonello inglese Percy Harrison Fawcett. Alla base dei suoi convincimenti vi fu il ritrovamento di un manoscritto (iln.512), conservato alla Biblioteca Nazionale di Rio de Janeiro, nel quale vi era descritto il ritrovamento da parte del bandeirante Francisco Raposo, nel 1743, di una fantomatica città di pietra nascosta nella selva del Mato Grosso, non lontano dal fiume Xingù.
Fawcett partì varie volte dopo il 1920, esplorando la selva compresa tra i fiumi Xingú e Araguaia, all’altezza della Serra do Roncador.
La sua scomparsa proprio nell’area forestale della Serra do Roncador, alla fine di maggio del 1925, non fece altro che ravvivare la leggenda di una misteriosa città antidiluviana, che inghiottì l’esploratore, suo figlio Jack e un amico che partecipava alla spedizione.
Un altro sostenitore della tesi che i superstiti del diluvio si rifugiarono in Sud America fu l’austriaco Arthur Posnansky, che, nel suo libro Tiwanaku, la culla dell’uomo americano, indica per il sito archeologico vicino al lago Titicaca una data di fondazione che risalirebbe al 10.000 A.C.
Anche le piramidi di Pantiacolla (o Paratoari), strane formazioni simmetriche che si ergono, coperte dalla vegetazione, non lontano dal fiume Alto Madre de Dios (Perù), sono indicate da alcuni come centri di energia utilizzate da popoli antidiluviani che si rifugiarono nella foresta amazzonica molti millenni or sono.

Sacsayhuamán

L’ipotesi di civiltà antidiluviane sono state supportate ultimamente anche da alcuni ritrovamenti eccezionali, tutti effettuati sotto il livello dei mari fino a ben 900 metri di profondità.
La prima affascinante scoperta avvenne nel settembre del 1968 quando il Dott.Valentine, mentre stava nuotando al largo dell’isola di Bimini, nelle Bahamas, osservò una strada pavimentata con enormi blocchi di pietra rettangolari e poligonali. Secondo alcuni, queste pietre ciclopiche, perfettamente squadrate e lunghe fino a cinque metri, ricordano molto i massi di Sacsayhuamán, l’imponente struttura situata a pochi chilometri dal Cusco, a ben 3555 metri d’altitudine sul livello dei mari.
Alcuni scettici ritengono che la famosa strada di Bimini non sia altro che un fenomeno naturale chiamato “pavimento a tasselli”, che si origina quando la crosta terrestre viene soggetta a tensione e quindi si frattura in blocchi regolari. Per altri invece, come lo stesso Valentine, ma anche il linguista e scrittore Charles Berlitz, e l’archeologo subacqueo Robert Marx, l’origine della strada di Bimini è artificiale e risale all’era glaciale.
Il secondo interessante ritrovamento, ebbe luogo nel 1969. L’equipaggio del sottomarino statunitense Aluminaut, scoprì per caso, nel fondale della Florida, a 900 metri di profondità, un’altra strada lunga più di 20 chilometri costituita di alluminio, silicio e ossido di magnesio. Ancora oggi non si sa se la misteriosa via sottomarina sia opera di una civiltà evoluta o semplicemente uno stranissimo scherzo della natura.

Tratto dal sito di Yuri Liveratto :

La civiltà antidiluviana mediterranea

Malta - Mnadjra

Il periodo glaciale che denominiamo oggi Wisconsin-Wurm durò da 110 fino a 10 millenni prima di Cristo. In tutto il mondo, il livello dei mari era più basso di quello attuale poiché immani quantità d’acqua erano intrappolate nella calotta polare artica, che copriva gran parte dell’Europa e dell’Asia settentrionale e buona parte dell’America settentrionale. Alcune stime indicano che il livello dei mari era più basso rispetto all’attuale di 150-200 metri.
Tutto ciò favoriva gli scambi marittimi tra il Mediterraneo e le altri parti abitate del mondo, come il Medio ed Estremo Oriente, e il Sud America. Durante l’ultimo periodo antidiluviano (da 30 a 10 millenni prima di Cristo), i centri di conoscenza del mondo antico erano sostanzialmente quattro: mediterraneo (piattaforma sicula), indiano (Khambat), orientale (Yonaguni), e sudamericano (TiwanakuSacsayhuámanMarcahuasi).
Già a partire dagli anni 50’ del XX secolo vari ricercatori indipendenti, interessati allo studio della vera Storia dell’uomo s’incontrarono e giunsero a conclusioni convergenti, che sostanzialmente avvallavano la tesi di una grande civiltà antidiluviana megalitica che si era estesa in tutto il pianeta.
Nel 1957 il sensitivo statunitense d’origine serba G.H.Williamson s’incontrò con il ricercatore peruviano Daniel Ruzo (grande studioso di Marcahuasi). Nell’anno successivo G.H.Williamson conobbe l’archeologo italiano Costantino Cattoi (ricercatore delle antiche culture pelasgiche e tirreniche). Nel 1962 il religioso milanese Carlo Crespi iniziò a catalogare e studiare un gran numero di reperti antidiluviani che furono trovati da alcuni indigeni Suhar nella Cueva de los Tayos, nell’Amazzonia ecuadoriana. Nel 1978 il ricercatore italo-brasiliano Gabriele D’annunzio Baraldi, sostenitore della tesi che popoli medio-orientali avessero colonizzato parzialmente il Brasile in epoche post-diluviane, conobbe Carlo Crespi a Cuenca (Equador) e poté osservare i reperti trovati nella Cueva de los Tayos. L’analisi dei geroglifici trovati, comparati con alcuni petroglifi del Brasile (uno di essi è la Pedra do Ingá) e con alcuni oggetti trovati in seguito nei pressi di Tiwanaku (Fuente MagnaMonolito di Pokotia), hanno portato vari ricercatori, incluso il sottoscritto, a considerare che la lingua parlata durante l’ultimo periodo antidiluviano fosse ilnostratico (idioma studiato dall’eminente cattedratico Luigi Luca Cavalli Sforza).
Il centro di conoscenza primigenio del Mediterraneo fu la cosiddetta “piattaforma sicula”. Prima dell’immane catastrofe conosciuta come “diluvio universale”, la piattaforma sicula comprendeva l’attuale Sicilia (che era unita alla Calabria) e la parte di terra ora sommersa che si protendeva verso sud, ossia verso l’attuale Libia e Tunisia. Ad occidente di tale piattaforma vi era il Mediterraneo occidentale con l’isola di Sardegna-Corsica unite. Ad oriente di tale grand’estensione di terra vi era il Mediterraneo orientale.
Al centro della cosiddetta “piattaforma sicula” vi erano varie città antidiluviane nei luoghi che oggi corrispondono alle isole di Malta , Gozo e Linosa.

Linosa - Balata Piatta

Oggi in queste isole sono osservabili circa 30 grandi costruzioni megalitiche che risalgono al periodo antidiluviano.
L’archeologia tradizionale ha datato questi siti come risalenti al IV millennio prima di Cristo, ma bisogna ricordare che l’archeologia, a differenza di quello che molti pensano, non è una scienza esatta, e le costruzioni megalitiche non possono essere datate con metodi scientifici. Spesso per stabilire la data di costruzione di un monumento megalitico si procede alla datazione con il metodo del carbonio 14 di ceramica o altri resti organici trovati nelle sue fondamenta, ma tale metodo risulta essere fuorviante poiché spesso gli antichi (post-diluviani), utilizzavano dei siti costruiti in epoche antiduviane per scopi cerimoniali e legati alla spiritualità.
L’analisi delle isole odierne di Malta e Gozo, fa risaltare come le condizioni per l’agricoltura in epoca post-diluviana non erano certo delle più favorevoli. L’archeologia tradizionale non riesce quindi a spiegare come in due isolette ventose, con poche fonti d’acqua e una scarsa agricoltura possa essersi sviluppata una civiltà grandiosa capace di costruire opere megalitiche impressionanti, come quelle di Gigantija, Tarxien, Mnadjra, Hal Safieni, Hagrat e Hagar Kim (nelle foto).

Malta - Hagar Kim

Alcuni studiosi hanno proposto la teoria delle “isole sacre”, ovvero luoghi (Malta e Gozo), considerati sacri da altri popoli che decisero di costruirvi grandiosi templi dedicati al culto della fertilità, ma a mio parere questa teoria non è credibile.
Solo considerando la geografia antidiluviana della cosiddetta “piattaforma sicula”, una vasta terra di circa 50.000 chilometri quadrati protesa verso gli attuali Stati di Libia e Tunisia, si può considerare che i popoli che ivi vivevano giunsero ad un grado tale di sviluppo (per mezzo dell’agricoltura), che permise loro di specializzarsi nella costruzione dei templi megalitici che oggi noi apprezziamo attoniti.
L’edificio più impressionante è il tempio di Gigantija, ubicato nell’isola di Gozo. Ha una forma interna tricilindrica ed è lungo circa trenta metri. Sembra che in seguito alla prima fondazione sia stata aggiunta una seconda struttura ovale rivolta verso nord. I lastroni di pietra che compongono la costruzione sono colossali (fino a 5 metri di lunghezza) e nessuno è mai riuscito a spiegare come siano stati sollevati uno sull’altro, senza l’aiuto di carrucole o pali di ferro da utilizzare come leve.
Un altro edificio gigantesco è il tempio di Hagar Kim (isola di Malta), nel quale vi sono lastroni d’andesite del peso di circa 30 tonnellate. Si pensa che Hagar Kim fu destinato al culto dei morti e ai riti propiziatori e sacrificali di sacerdoti esoterici e utilizzato come mausoleo nel periodo post-diluviano.

Malta - Hal Tarxien

Il tempio più grande dell’isola è Hal Tarxien esteso per circa un ettaro. All’interno di questa struttura vi sono dei bassorilievi d’animali che erano sottoposti a sacrificio durante cerimonie propiziatorie: ovini, caprini, suini e bovini. Vi sono inoltre varie litosculture rappresentanti spirali, che raffiguravano l’occhio sempre presente della Dea Madre, il cui culto era comune a molti popoli del Paleolitico. Le aree interne del tempio erano riservate ai riti segreti condotti dai sommi sacerdoti. E’ inoltre possibile che la la sezione orientale del tempio, scevra da installazioni utilizzate per il culto, sia stata adibita a palazzo centrale del potere spirituale, anche considerando che il vicino edificio di Hal Safieni era utilizzato come un mausoleo e vi erano sepolti i resti dei re.
Nel tempio di Hal Tarxien sono state trovate varie statue che misurano fino a 50 centimetri oltre alla parte bassa di una statua di donna che doveva misurare ben 2,5 metri d’altezza. Queste statue rivelano un chiaro influsso dell’arte minoica e pertanto dimostrano che il sito di Tarxien fu frequentato in epoche post-diluviane da popoli che consideravano sacri e magici gli interi complessi megalitici, costruiti dai loro lontanissimi antenati.
Se in futuro si potrà studiare a fondo l’area di mare che circonda l’attuale isola di Malta, come ad esempio è stato fatto a Khambat, probabilmente si potranno aggiungere altri importanti tasselli allo studio della vera Storia dell’uomo.

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