Legge del RitmoMagnetismo

Stroboscopio Magnetico

RELAZIONE SUGLI AVVENIMENTI DI IMOLA DEL GIORNO MARTEDÌ 12 SETTEMBRE 1972 di Dott.Alberto Nigi

PREMESSA

Ciò che segue rappresenta la sintesi dì quanto, assieme ad un gruppo di amici, ho personalmente ricavato dall’incontro e dai colloqui con Pier Luigi Ighina. Questa relazione vuole anche essere un resoconto particolareggiato delle esperienze vissute da me e dal gruppo che mi accompagnava ad Imola, (presso la fattoria di Via Romeo galli, 4) il giorno martedì 12 settembre 1972. Essendo testimone diretto (costantemente affiancato da coloro che mi accompagnavano) ho riportato tutto quanto mi è parso più importante e significativo dei fatti accaduti nel corso della mia permanenza sul posto.

SITUAZIONE

Pier Luigi Ighina parla di un suo accordo con i piloti di una “cellula magnetica spaziale cosmica” (disco volante – UFO) comandata dell’extraterrestre “Scegustori”. Sulla base di tali accordi egli si era fiduciosamente prefisso, tramite appositi dispositivi da lui stesso realizzati (“stroboscopio magnetico”), di creare un corridoio elettromagnetico a forma di spirale conica rivolta verso l’alto ed ortogonale al piano tangente alla sfera celeste nel punto zenitale. Tale corridoio doveva servire per due scopi ben precisi:

1) Doveva servire da “sentiero magnetico” per l’avvicinamento a terra del “disco volante”, il quale, com’è spesso ricordato da vari studiosi anche ufologi, funzionerebbe e si muoverebbe sfruttando l’energia elettromagnetica del campo terrestre secondo le cosiddette rotte ortoteniche. (1)

2) Doveva erigere una cortina di energia protettiva nei confronti dell’ambiente circostante poiché la “cellula magnetica cosmica” in questione avrebbe emesso energia magnetico-luminosa ad altissimo potenziale, in grado di disintegrare la materia fino ad un raggio di trecento metri. Tuttavia, secondo quanto affermato dallo stesso costruttore, il campo magnetico creato dallo “stroboscopio magnetico” avrebbe determinato ripercussioni fino ad un raggio di trenta chilometri. Insomma, il suo flusso avrebbe influenzato tutta la zona circostante provocando fenomeni insoliti in tutte le apparecchiature elettriche. Si pensava persino che le automobili non sarebbero riuscite a partire a causa, come affermato dallo stesso Ighina, della “staticizzazione del magnete”. (2) Avrebbero poi potuto verificarsi fenomeni strani di natura meteorologica, coinvolgenti una vasta area territoriale fino a varie città circostanti. (3)

Questo macchinario di Ighina, chiamato appunto “stroboscopio magnetico”, aveva il compito di opacizzare da un certo punto in poi l’energia emessa dal “disco volante”, bloccandola e limitandola ad un raggio di qualche metro in modo da permettergli di mostrarsi al pubblico per essere osservato e fotografato.

Stroboscopio Magnetico
Stroboscopio Magnetico

Probabilmente, secondo quanto comunicato dagli extraterrestri, non era tecnicamente opportuno che il “disco volante” appoggiasse definitivamente a terra, ma doveva soltanto librarsi all’altezza dello “stroboscopio magnetico”. Probabilmente il “disco volante” per atterrare avrebbe dovuto disattivare la sua energia onde non creare una distruzione totale per un raggio abbastanza vasto. Inoltre, poiché tale energia costituirebbe il guscio protettivo di queste astronavi, disattivandola la navicella rimarrebbe indifesa e quindi vulnerabile. Insomma, secondo le dichiarazioni di Ighina, quando l’atterraggio è preannunciato non è prudente eliminare tale energia protettiva, perché il “disco volante” si sottoporrebbe al rischio di essere colpito o catturato da qualche insulsa potenza militare terrestre.
Pier Luigi Ighina ha sempre avuto una particolare disposizione allo studio della fenomenologia elettromagnetica e molta capacità nella esecuzione di meccanismi attinenti. Ma, stando a quanto egli racconta, molte informazioni e suggerimenti gli sono giunti direttamente dalle intelligenze extraterrestri, vivamente interessate da queste sue attitudini e dalla profondità delle sue intuizioni in quel settore tecnico-scientifico. È naturale però che non gli avrebbero rivelato numerosi ed importanti segreti sull’elettromagnetismo se non fossero stati più che sicuri della sua integrità morale, del suo buon temperamento semplice e cordiale di pacifista. Ighina racconta che il suo incontro con gli extraterrestri è avvenuto quasi dieci anni prima, sul monte Castellaccio presso Imola. Oggi egli è convinto di essere un “programmato” e che il suo compito sia quello di portare avanti una missione importante, quella di rigenerazione dell’umanità nel bene. Egli, dunque, avrebbe il compito di gettare il seme atto a germogliare nel cuore degli uomini per renderli migliori. Se gli uomini non cambieranno e non si adegueranno al ritmo vitale della natura invece di distruggerla, afferma Ighina, essi dovranno soccombere di fronte alla finale azione purificatrice dei Messaggeri della Armonia Cosmica. Anche prima però Ighina si era mostrato eccezionale ed abilissimo nella sua professione di tecnico. Si dice che riuscisse ad individuare i guasti nelle apparecchiature elettriche senza bisogno di alcuna strumentazione. Sembra che gli bastasse soltanto la punta delle dita per scoprire il punto e la natura del guasto.
Si racconta che da piccolo gli nascondevano per casa delle calamite e lui, tramite la sua sensibilità magnetica, ad una ad una le trovava tutte.
Ighina afferma, poi, che è stata la Madonna ad ispirarlo nello studio dei fenomeni elettromagnetici. Egli sostiene che proprio nell’elettromagnetismo sta il nocciolo dell’esistenza e della natura. Ma Pier Luigi Ighina, un uomo buono come il pane e semplice come un fanciullo, per quanto infaticabile resta pur sempre un uomo. Pur lavorando persino nelle ore notturne assieme ai suoi validi collaboratori e dietro le precise istruzioni provenienti dal cielo si è accorto di essere rimasto indietro nella costruzione del meccanismo progettato. I tempi sono stati accelerati, la costruzione si è fatta quasi frenetica e conseguentemente frettolosa.

FATTI

Vediamo, ora, che cosa realmente è accaduto ad Imola il giorno martedì 12 settembre 1972 nei campi della fattoria di Ighina che si trova in Viale Romeo Galli, 4, ove egli ha sistemato il suo laboratorio. Lunedì 11 Settembre, alle ore ventuno, arrivato ad Imola in compagnia di alcuni amici, lo trovo mentre sta lavorando accanitamente. Tuttavia, per il suo carattere fraterno, per il suo spirito familiare di buon romagnolo, perde tempo prezioso in una calorosa accoglienza. Ci fornisce ampie spiegazioni sulla natura e il funzionamento di alcune macchine da lui realizzate. Alle ore ventidue decidiamo di lasciarlo lavorare in pace e ce ne andiamo a cena. Torniamo al laboratorio quando già le 23.30 preannunziano l’arrivo del fatidico 12 settembre. Ighina sta ancora lavorando. Noi lo osserviamo mentre si dà da fare in mezzo ai suoi stranissimi congegni. Ci avvisa che prima del mezzogiorno dell’indomani non avrebbe dato via all’esperimento. Per le lancette dei nostri orologi scocca già l’una di notte ed è già il 12 settembre. Noi ce ne andiamo a dormire mentre egli resta lì a lavorare, assieme ad alcuni fra i suoi più infaticabili e fedeli collaboratori.
La mattina del 12 settembre ci alziamo un po’ tardi. Sono già passate le 10.30 quando arriviamo al laboratorio. Nutriamo la speranza che i lavori vengano ultimati in tempo, ma veniamo informati che restano ancora da eseguire gli ultimi ritocchi. Il lavoro è ritardato del continuo arrivo dei visitatori che in verità sono numerosi e provengono dalle più varie città italiane. C’è chi viene anche dall’estero. Ighina si perde a parlare con tutti, ma il suo lavoro sembra ormai ultimato: è quasi mezzogiorno. Il dispositivo, lo “stroboscopio magnetico” comincia a funzionare, ma ha bisogno di almeno tre ore d’alimentazione per accumulare le cariche capaci di creare il campo energetico ottimale. Il primo inconveniente, assai banale, si verifica poco dopo le 12,30. È la puleggia di un motorino elettrico che non funziona bene. Si tratta di una cosa da nulla, ma richiede tempo perché deve essere sostituita. Bisogna togliere la vecchia, mandare a prendere la nuova e rimontarla. Intanto Ighina annuncia che il “disco volante”, ha comunicato di trovarsi già a quattromila metri d’altitudine e che sarebbe sceso non appena lo “stroboscopio magnetico”, funzionante, avesse determinato il campo magnetico fino alla condizione ottimale atta alla discesa.
Intanto, da fuori, arriva la notizia che ventisette RADAR dell’Aviazione Militare sono puntati sull’oggetto volante. Poco dopo, due reattori caccia militari sorvolano a bassa quota la nostra zona e poi puntano decisi verso l’alto. Non si è fatto caso se si trattasse di aerei italiani o americani o francesi, ma sicuramente appartenevano alle forze NATO. Intanto in casa di Ighina, tra i visitatori c’è anche un alto funzionario di polizia. Sappiamo che fuori, per strada, gironzolano carabinieri in borghese. Ma il laboratorio è aperto a tutti: lì non ci sono veri e propri segreti e anche le spie perderebbero la loro caratteristica di spie, diventando semplici osservatori come tutti gli altri. Secondo me, l’unico vero segreto è quello che è racchiuso nella mente di Ighina, che lui dice di aver ricevuto dagli extraterrestri e che lui non può rivelare perché l’umanità, oggigiorno così perversa, non ne farebbe altro che strumento di guerra e di distruzione. In effetti, il segreto è molto semplice, ma consiste nel più grande enigma che attualmente si presenti alla problematica delle scienze fisiche: polarizzare univocamente un campo elettromagnetico, separandone le cariche ed usando indifferentemente e separatamente le positive o le negative. È forse nell’essenza di questo principio che si cela la risoluzione del problema dell’antigravità e forse anche dell’antimateria. È forse questa la strada per giungere a quanto già era stato scoperto da Ettore Majorana nel 1938 prima della sua misteriosa scomparsa. A questo punto ci sembra lecito pensare che anche Ettore Majorana sia stato invitato dagli Extraterrestri a collaborare con loro nel segreto di una delle loro numerose basi sparse, come sembra, sulla Terra. Ighina sostiene che quando la coscienza dell’uomo sarà migliore (se sarà in grado di migliorare), allora lui rivelerà i1 suo segreto. Solo allora l’uomo romperà quello schermo negativo che lo rende cieco e potrà armonizzare con la natura, capirne i segreti e quindi dominarla rispettandola.
Sono già le ore 13: il cielo si rannuvola sempre più e si preannuncia cattivo tempo. Ighina però, con un sorriso divertito dice che ciò non ha importanza e di non temere. Si dice, infatti, che egli sia in grado di richiamare o allontanare i temporali. Allora, la famosa danza della pioggia degli indiani d’America non era altro che la creazione di un campo magnetico particolare? Ovvero di un campo magnetico di segno opposto a quello delle nuvole e delle particelle umide dell’aria, di modo che esse si radunavano e si condensavano al punto da provocare la pioggia?
Mentre i collaboratori sono tutti impegnati nella riparazione del guasto alla puleggia, Ighina è a disposizione del pubblico e piega le sue teorie sull’elettromagnetismo con tutte le loro varie applicazioni. Mostra poi i risultati ottenuti in varie esperienze: chicchi di grano grossi come quelli del granturco, pesche grosse il triplo rispetto a quelle normali e così via, di cui ci vengono distribuite le foto.
Ighina ci mostra anche alcune ampolline piene di polvere e di varie pietruzze lunari, che chissà dove potrà mai aver preso. Egli sostiene di aver utilizzato un certo apparecchio da lui costruito, ma probabilmente qui gli Extraterrestri ne sanno qualcosa… Naturalmente quelle ampolline non sono in cassaforte, ma lì, abbandonate su un tavolo, a vista di tutti, senza, barriere, reti o congegni antifurto. Nessuno si sognerebbe di rubarle perché nessuno ci crede sul serio che sia davvero materiale lunare perché dicono che Ighina è “matto”. Allora, secondo me, se Ighina è un “matto” è comunque un “matto” che parla e agisce come un saggio e tanto dovrebbe bastare.

Ighina_Elica

Finalmente alle 18,30 circa lo “stroboscopio magnetico” entra in funzione definitivamente: due pale simili a quelle di un elicottero cominciano a girare lentamente. Numerose lampade applicate alle due pale girevoli diffondono la loro luce accecante, intermittente e ritmica. Quelle luci diventano sempre più accecanti, man mano che cala la sera.
Come si è detto occorrono almeno tre ore per ottenere la carica elettromagnetica sufficiente a formare la spirale d’energia magnetico-luminosa sufficiente a forare il campo magnetico terrestre artificiale per aprire un varco alla “cellula magnetica spaziale cosmica” (disco volante). Insomma, doveva trattarsi di una specie di “trapano magnetico” e la sua energia doveva accumularsi nella punta e poi esplodere come un sole di mezzogiorno nella notte. Poi il disco sarebbe sceso. Ma occorrevano ancora tre lunghe interminabili ore. Intanto assistiamo a fenomeni strani. Nella cortina di nubi che prima si erano accumulate nel cielo, si apre uno spiraglio a forma circolare proprio a perpendicolo sullo “stroboscopio magnetico” in attività. In poco tempo tutte le nuvole si allontanano, allargano sempre di più questo “buco” nel cielo sopra di noi e poi spariscono definitivamente dietro l’orizzonte. Alcuni stormi di rondini, come impazzite, cominciano a volare in tondo, vorticosamente, sopra lo “stroboscopio magnetico”, poi, dopo acuti garriti fuggono senza più farsi vedere. Intanto cala la sera.
Tra gli astanti c’è molta agitazione: non mancano i giornalisti avidi di qualche improvviso accadimento, ma la macchina continua febbrile se pur monotona il suo lavoro. Si sente dire che non manca molto al finale e che tutto procede bene. La luce accecante dello “stroboscopio magnetico” con la sua intermittenza a frequenza abbastanza elevata, provoca uno strano effetto ottico. Ogni cosa in movimento sembra procedere a scatti e se camminiamo sembra che il terreno ci traballi sotto i piedi. L’attesa è paziente, ma snervante. Anche se il freddo umido pizzica la pelle sotto i vestiti un po’ troppo estivi, ci si fa reciprocamente coraggio. Il freddo arriva a sopraffare anche gli espedienti improvvisati. I pigiami infilati sotto il vestito proteggono per quello che possono. I vestiti di panno fanno più caldo, ma si inzuppano per l’umidità. I giubbotti di incerata non fanno passare l’umidità, ma ti lasciano in un freddo cane. Abbastanza caldi, ma poco pratici, i plaid da pic-nic usati come mantelli. Si deve ammettere che la situazione è così interessante da essere una notevole esperienza, malgrado tutto. Nell’erba umida e nella terra morbida dei campi, i pezzi di polistirolo espanso vengono posti sotto i piedi come un’intercapedine isolante e alcuni giornali avvolti alle gambe danno un po’ di sollievo. Lo “stroboscopio magnetico” continua a funzionare. L’attesa si fa davvero snervante e la speranza è al culmine. Sono già le 22.20. Ighina avverte che è necessaria un’altra ora di attività. Arrivano le 23.30. Molti non hanno resistito al freddo e si sono rifugiati all’interno del laboratorio, mentre altri si sono infilati nelle proprie auto. In molti la speranza comincia a cedere, ma moltissimi restano fuori a scrutare il cielo. Anch’io, col mio gruppo di amici, resto fuori. Stiamo lì, attenti, con macchine fotografiche e cineprese puntate, pronte all’uso. Saremo gli ultimi ad andarcene. Mentre continuiamo a tenere gli occhi fissi sullo “stroboscopio magnetico” che pulsa febbrilmente la sua luce ed il suo flusso magnetico, alcune persone arrivano eccitate da non molto lontano nei campi, dove la luce del dispositivo non rendeva difficoltosa l’osservazione del firmamento. Dicono di aver notato nel cielo un puntino luminoso di colore bianco stellare un po’ più grande di una comune stella che, durante la sua traiettoria, aveva rallentato la velocità diventando rosso per poi sparire. Dopo alcuni minuti ne avevano visto un altro (forse lo stesso poi ricomparso) che aveva percorso una traiettoria ad “esse” senza però cambiare velocità e colore. Un altro gruppo di persone, da un altro punto del campo, gridano puntando il dito verso il cielo un po’ in basso verso l’orizzonte: un disco luminoso compie nel cielo un brevissimo arco di parabola e subito scompare. La sua dimensione poteva essere paragonabile a quella della Luna. Intanto lo “stroboscopio magnetico” continua a ruotare febbrilmente e a pulsare il suo ritmo magnetico. Il tempo passa. Ighina e i suoi collaboratori cominciano a disperare riguardo la riuscita piena dell’esperimento e quindi circa l’atterraggio del “disco volante”. Gli operatori sostengono che se la condizione non è ottimale il “disco volante” non scende. Dicono che il congegno in funzione non ce la fa a perforare. Poi Ighina si accorge che qualcosa non va nel funzionamento del dispositivo. Infatti, la spirale conica di energia (così lui ci spiega) invece di condensare il suo potenziale sulla punta, la disperdeva qua le là in piccole punte secondarie disseminate sulle spire. Così il difetto è presto scoperto: le pale girevoli non sono perfettamente in asse, la loro inclinazione non è quella giusta e il cono d’energia ne fuoriesce irregolare. A molti è parso di “vederle” queste spire di energia avvitarsi nell’aria, ma così ad occhio nudo potevano sorgere molti dubbi. Io posso dire di esserne certo, avendo osservato lo “stroboscopio magnetico” attraverso le lenti di occhiali da sole polaroid: mi era anche sembrato di vedere come degli scoppiettii di luce lungo dette spire. Molti asserivano che poteva trattarsi di un’illusione ottica. Allora, però non si può spiegare perché alcuni le vedevano queste “illusioni” e altri no. E questo anche tra i bambini che notoriamente sono la voce della verità.
Ormai siamo rimasti solo noi nel campo, lì, davanti allo “stroboscopio magnetico”. A questo punto ci sembra inutile continuare l’osservazione del cielo. Sono rimasto io, da solo, a guardare lo “stroboscopio magnetico” da vicino, fintanto che le sue luci non si sono spente e le sue pale hanno smesso completamente di ruotare. Poi si spegne tutto, davvero definitivamente. Ormai è già l’una e mezza della notte, è già mercoledì e siamo giunti al 13 settembre. Ighina ci appare più stanco che abbattuto: ha un certa età e le notti in bianco si fanno sentire. Egli semplicemente si scusa dell’insuccesso finale del suo esperimento. Era riuscito quasi tutto bene: forse il “disco volante”, quel puntino che era stato osservato mentre vagava nel cielo, era pronto a scendere, ma, ironia della sorte, una banale imperfezione nel meccanismo dello “stroboscopio magnetico” lo ha impedito. “Pazienza!”, dicono i vari operatori e affermano fiduciosi che le Intelligenze del Cosmo si manifesteranno in una prossima occasione. A quando, dunque, il prossimo esperimento? Ci sono tante prospettive in programma, cose strabilianti, affermano gli operatori. Ma adesso Ighina è stanco, ha bisogno di dormire, di riposarsi, almeno per un mese di fila. Egli sostiene che gli extraterrestri lo aiuteranno ancora e che la prossima volta lavorerà con più calma e non fallirà. Intanto, anche in questo breve periodo di riposo, l’affetto e la solidarietà dei suoi collaboratori e amici lo accompagneranno ugualmente col proposito di aiutarlo e sostenerlo nel futuro per la sua missione di pace e di fratellanza tra gli uomini.

RISPOSTA DEI COLLABORATORI DI IGHINA

AD UN’OVVIA OBIEZIONE

DA PARTE DI ALCUNI CONVENUTI

Domanda: “Che bisogno hanno gli Extraterrestri di ricorrere ad Ighina? Non sono più progrediti di noi? Allora non possono fare da soli?”

Risposta: “Evidentemente gli Extraterrestri non ritengono opportuno fare da soli. Infatti essi si servono di operatori e di programmati terrestri, i quali agiscono per loro diretto consiglio e ammaestramento. Ighina è un programmato. Ma anche gli operatori ed i programmati possono fallire. Infatti, gli errori umani sono imprevisti previsti. Tutti quegli errori che si verificano a causa degli operatori e dei programmati sono dovuti al fatto che gli uomini sono sempre uomini e non extraterrestri. Solo in caso di estrema necessità e per il minimo indispensabile le Intelligenze Cosmiche intervengono e agiscono direttamente. Il nostro ambiente, specie ai bassi livelli di altitudine, non loro molto favorevole. Inoltre essi sono qui per aiutarci, ma non perché gli uomini restino passivi, bensì perché raggiungano da soli, con i loro sforzi di uomini, i più alti gradi dell’evoluzione”.

Dott. Alberto Nigi

Genova, 05 ottobre 1972

(1) Cfr. Alberto PEREGO, Rapporto sull’aviazione elettromagnetica, Roma, 1957
Alberto PEREGO, Rapporto Perego sull’aviazione di altri pianeti, Roma, 1963
Alberto PEREGO, Gli extraterrestri sono tornati, Roma, 1970

(2) Secondo quanto affermato dallo stesso Pier Luigi Ighina e dai suoi collaboratori, un prossimo esperimento, piuttosto clamoroso, dovrebbe essere quello di bloccare per ventiquattro ore (in data imprecisata) tutte le apparecchiature elettriche d’Italia al fine di risvegliare le coscienze degli uomini e spingerli ad operare per il bene, rispettando la natura ed evitando così l’autodistruzione.
(3) A questo proposito è bene ricordare quanto accadde al pilota militare americano Mantell, quando volle malauguratamente avvicinarsi troppo col suo aereo ad un disco che stava inseguendo.

*** Fine

L’esperimento di bucare la cupola delle tenebre quel 12 Settembre 1972 ha successo solo parzialmente lo stroboscopio magnetico infatti ha disperso l’energia che emetteva rendendo vano il tentativo.
La trovata del disco volante U.F.O. che doveva atterrare è stata adottata da Pier Luigi Ighina semplicemente per attirare l’attenzione sui suoi esperimenti.
L’extraterrestre “Scegustori” o meglio “Scegùstori” non è altro che l’anagramma di “Gesù Cristo”. (N.d.r.)

Ighina alza la posta

“AVVISO: il 14 settembre 1972 in una località della Francia, si è tenuta un’ assemblea di quasi tutti i Centri Internazionali Studi Magnetici i quali hanno rilasciato il seguente comunicato: il 12 settembre 1972 ad Imola (BO) Italia, è stato inaugurato il più grande stroboscopio magnetico esistente sul globo terrestre ed ha già dato esiti positivi. Da questi primi risultati positivi si è venuti alla determinazione di eseguire in data da destinarsi, un nuovo esperimento così concepito: 18.000 persone provenienti dai nostri centri di studi magnetici dislocati in tutte le parti del mondo (scienziati, tecnici, collaboratori, ecc. ) si spargeranno su tutto il suolo italiano e con apparecchiature magnetiche eseguiranno concordemente fra di loro l’esperimento di bloccare per 24 ore tutti i veicoli a motore a scoppio e diesel circolanti in Italia. Questo secondo esperimento di portata mondiale servirà a far conoscere, riflettere e far prendere in considerazione, il principio del ritmo magnetico sole-terra, per poter deviare l’ umanità dalla catastrofe in cui sta per precipitare. Imola, 25 settembre 1972”

pollution

Quest’altro esperimento annunciato (simile al “Raggio della Morte” di Guglielmo Marconi) non avrà luogo, infatti viene fatto osservare ad Ighina che c’è chi vive sostenuto da macchine in movimento come respiratori automatici etc.
Bloccare queste macchine significherebbe uccidere degli innocenti.
Lo stroboscopio Magnetico verrà poi definitivamente convertito in quella che conosciamo come la “pala di Ighina” o Ighina cloudbuster per il controllo meteorologico.
(N.d.r.)